Speriamo di no ma potrebbero tornare in voga gli investimenti obbligazionari. Affermazione forte per coloro che ricordano un passato tranquillo per questa classe di investimento. Ovviamente la speranza che ciò non avvenga è solo legata al fatto che oggi i rendimenti sono talmente bassi da aver portato molti risparmiatori ad avere nel proprio portafoglio una esposizione azionaria anche molto superiore a quanto compatibile con il “reale” profilo di rischio, non ci riferiamo a quello sulla carta!
E cosa c’entrerebbe l’azionario con l’obbligazionario, direbbe qualcuno? Beh, se quest’ultimo offrisse rendimenti appetibili molti investitori penserebbero: “perché rischiare sull’azionario se posso avere un reddito annuo sufficiente, in modo tranquillo, stando sotto il mio ombrellone con un ottimo cocktail in mano comprensivo di cannuccia e fettina di agrume…..anche d’inverno?”
Quindi, sperando che la moda dell’obbigazionario non torni oppure che almeno non porti con se la calza col carbone ai mercati azionari, approfondiamo comunque come funzionano le dinamiche ad esso collegate.
Partiamo dicendo che le obbligazioni sono molto più prevedibili delle azioni. Infatti, oltre al rating (giudizio di affidabilità, ossia quale probabilità è assegnata ad un emittente di poter fallire a breve, medio e lungo termine), l’unica variabile da considerare è l’andamento dei tassi che a loro volta sono legati al TUS (tasso ufficiale di sconto governato dalle banche centrali). Qualcuno, ovviamente non chi sta leggendo ora, potrebbe dire: “è una parola, finora nessuno pare averci capito nulla sull’orientamento di politica monetaria delle banche centrali!”. Ecco…finora! Mai come in questi giorni le cose parrebbero chiare!
Oltre a questo, vogliamo fare un confronto con le variabili che influenzano il mercato azionario?
Proviamo a ricordarne qualcuna:
- variabili endogene aziendali:
- andamento costi: costo indebitamento, variazioni salariali, andamento prezzi materie prime e servizi, ecc….;
- andamento ricavi: preferenze dei potenziali acquirenti su prodotti vecchi e nuovi, ecc…;
- compagine societaria allineata e stabile oppure litigiosa e instabile;
- Ecc….
- Variabili esogene:
- andamento mercati internazionali;
- variazioni politiche fiscali;
- pandemie;
- globalizzazione o interruzioni di rapporti commerciali internazionali;
- Ecc…
Insomma, crediamo sia molto chiaro ciò che cerchiamo di evidenziare, stiamo parlando di due mondi molto diversi in merito a prevedibilità.
Rimarcando questo discorso, interesserà sapere che calcolare quanto un’obbligazione potrà guadagnare, o perdere, a seconda che il proprio tasso di rendimento a scadenza (TRES) possa muoversi in ribasso, o in rialzo, di un punto percentuale è solo questione di matematica finanziaria e neanche poi tanto complicata!
Prima di trattare la “duration” e la “modified duration” nella seconda e terza parte, passiamo a concludere questo primo articolo con una spiegazione sul TRES.
Il tasso di rendimento effettivo a scadenza (TRES, anche chiamato Yield to Maturity) è: quel tasso che incorpora tutti i flussi di rendimento riferiti al titolo e percepiti, fino alla fine, ipotizzando di portarlo a scadenza. Il TRES tiene conto del prezzo di acquisto, del tasso cedolare e del valore nominale di rimborso (per questo è fondamentale che sia portato a scadenza), permettendo di calcolare eventuali guadagni o perdite in conto capitale. Esso è il tasso di rendimento interno di un investimento consistente nell’acquisto di un titolo che l’investitore detiene fino alla scadenza, reinvestendo le cedole allo stesso tasso di rendimento.
Invitiamo alla consultazione dell’articolo “Un pizzico di matematica finanziaria” di cui incolliamo di seguito uno stralcio: