La fiscalità nel mondo dei certificati
La fiscalità nel mondo dei certificati

La fiscalità nel mondo dei certificati

Come preannunciato null’ultimo post, oggi analizziamo la fiscalità applicata ai certificati.

Tralasciando tutte le tipologie di tassazione e le varie casistiche e volendo semplificare diciamo che anche i redditi derivanti dall’investimento in certificati di investimento scontano una imposta sostitutiva del 26%. 

Questo significa che, ipotizzando un acquisto di un certificato di 1000 €uro per poi rivenderlo a 1100 €uro,  il profitto, pari a 100 €uro,  sarà tassato al 26%, ovvero avremo una ritenuta di 26 euro.  

Altra cosa che dobbiamo tenere presente è che il reddito prodotto dai cosiddetti “investment certificate” viene classificato fiscalmente come “redditi diversi”; questa puntualizzazione è necessaria  in quanto, anche se le minusvalenze possono essere prodotte da tutti gli strumenti finanziari, queste possono essere spesso compensate solo con prodotti finanziari che generano “redditi diversi”. 

Facendo un esempio pratico diciamo che abbiamo acquistato una sicav che ci ha generato alla vendita una minusvalenza di 500 €uro; questa minus non può essere compensata con altre plus derivanti sempre dalle sicav ma le possiamo compensare solo con plusvalenze generate da strumenti che rientrano fra i “redditi diversi”, quindi anche con quelle derivanti da investimenti dai suddetti certificati.

Altra singolarità dei certificate è che nel computo delle plus, ai fini della compensazione, vengono inclusi anche i premi (ovvero le cedole che si incassano) che diversamente non vengono incluse in altri strumenti. 

In virtù di tutte queste peculiarità potremmo considerare i certificate degli  “ottimizzatori fiscali”; detenerli in portafoglio  per un quantitativo identificabile in un  20% del totale potrebbe essere interessante sia per il recupero fiscale delle minus sia per aumentare la redditività del portafoglio.

Sappiamo infatti che le minusvalenze generate possono essere fiscalmente recuperate entro i quattro anni successivi alla certificazione. Ad esempio una minus generata nel 2022 è recuperabile fino al 31.12.2026; oltre tale termine si perdono tutti i diritti di compensazione con ulteriori plusvalenze.

Capito il concetto e le tempistiche per il recupero, altro elemento essenziale è capire come la propria banca applica la compensazione; infatti, come detto, poiché anche le cedole concorrono al recupero delle minus (a differenza ad esempio del BTP che consente il recupero solo sul “mantello o nominale” del titolo) è importante conoscere come agisce la propria banca per il suddetto recupero.

Ci sono banche che esercitano la compensazione ad ogni stacco di premio ed altre che invece esercitano la compensazione solo alla scadenza o alla vendita e fa il conteggio delle plusvalenze realizzate, compresi i premi, solo al verificarsi dell’evento.

I due sistemi sono a mio avviso entrambi validi; bisogna capire le esigenze che un investitore ha e in ogni caso si possono adottare soluzioni adatte alle esigenze.

Credo che per oggi possa bastare perché di carne al fuoco ne è stata messa abbastanza e ci diamo appuntamento al prossimo post dove parleremo di come gestire le minus e quali strategie possiamo adottare. 

Nel frattempo cerchiamo di non generare minus anche se considerati i tempi che stiamo attraversando risulta particolarmente difficile.  

Willy Coyote
Author: Willy Coyote

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