Cosa sta succedendo alle obbligazioni? Il primo semestre, come ci si sarebbe potuto aspettare, l’obbligazionario globale dei paesi sviluppati ha perso molto terreno (naturalmente quelle a lunga scadenza hanno toccato anche perdite in un intorno del 15%, mentre quelle a brevissima scadenza hanno contenuto le perdite a un paio di punti). Ciò è dovuto alle aspettative prima e ai rialzi sostenuti poi dei tassi di interesse. La sola FED ha rialzato i tassi di 225 punti (2,25%) da febbraio in poi (0,25% + 0,50% + 0,75% + 0,75%).
Come sappiamo il mercato sconta le aspettative, quindi in un primo momento i rendimenti del decennale USA, che prendiamo a riferimento per questo articolo, sono saliti a circa 3,5% per poi ricorreggere a circa 2,5% in vista di una probabile recessione, che potrebbe arrivare tra la seconda parte del 2022 e la prima del 2023, che potrebbe portare la FED a ridirezionare al ribasso le manovre sui tassi.
Dal grafico postato sopra si nota come la cosiddetta “Curva dei rendimenti” attuale “blu” (ossia la curva formata dai rendimenti di tutte le scadenze quotate dei titoli di stato) sia ora orizzontale, con il decennale addirittura meno performante di tutte le scadenze precedenti. Quest’ultimo fenomeno si identifica come una “pendenza negativa della curva dei rendimenti” e si presenta quando gli investitori credono che i tassi futuri siano previsti in discesa per via di una recessione imminente. I rendimenti scendono perché su quelle scadenze si concentrano gli acquisti nella speranza che il ribasso futuro dei tassi potrebbe generare delle opportunità (come spiegato in un altro articolo, tassi di riferimento che scendono portano ad aumenti del corso dei titoli, ossia del valore capitale. Trovate qui il primo dei tre articoli in cui abbiamo approfondito il funzionamento delle obbligazioni).
Come giocano le aspettative sull’obbligazionario?
Guardando il grafico dei rendimenti del decennale USA, quanto appena scritto diventa evidente. Nonostante l’aspro rialzo dei tassi effettuato dalla FED, i rendimenti dopo una prima fase di rialzo, iniziata anche prima del primo rialzo FED (per l’appunto, sulle aspettative), è tornato a scendere quando si è parlato di recessione. L’ultima candela settimanale è invece di forte impulso rialzista perché gli ultimi dati sull’occupazione sono risultati più positivi del previsto e gli ultimi dati sul prodotto interno lordo hanno denotato un arretramento inferiore alle aspettative, per cui si pensa che in futuro la Fed, anziché trovarsi a dover abbassare i tassi, potrebbe proseguire la politica di inasprimento (rialzo)!
Cosa possiamo dedurre? Innanzitutto che i rendimenti si muovono sulle aspettative e non perfettamente allineati alle azioni della FED e poi che siamo in un momento nodale macroeconomico. I prossimi dati sull’inflazione del 10 agosto saranno fondamentali per capire le prossime mosse della FED. In molti pensano che al massimo avremo un ultimo rialzo di 0,75% dei tassi a settembre (raggiungendo il 3%) e che massimo al 4% la Banca Centrale sarà costretta a prendersi una pausa per capire l’incidenza delle proprie mosse sull’inflazione, ma questo potrebbe anche voler dire che il mercato obbligazionario di medio-lungo termine, prima ancora che un azionario in piena preda ad una recessione che non possiamo sapere ora quanto possa essere profonda, potrebbe diventare la vera grande opportunità nei portafogli degli investitori. Se veramente la Fed dovesse raggiungere livelli dal 3% al 4%, certamente avremmo flussi di capitale che confluirebbero sul mercato del debito in attesa della prossima stagione dei ribassi.
Ultima nota, i flussi che migrano dai mercati azionari, ritenuti molto rischiosi, a quello obbligazionario producono un fenomeno che si chiama “fly to quality” (volo verso la qualità, visto il minor rischio di quest’ultimo) che porta ad inasprire i ribassi dell’azionario (perché interessati dalle vendite) e far salire i corsi dei titoli obbligazionari (perché maggiormente acquistati).
In autunno potremmo vederne delle belle, buona estate ed occhio alla penna!